venerdì 17 aprile 2009

Election day

Care studentesse e cari studenti,
con questo post riprendiamo il dialogo sul blog sperimentato, mi sembra con un discreto apprezzamento da parte dei vostri colleghi, lo scorso anno. La novità rispetto alle discussioni precedenti riguardano l’ancoramento dello scambio delle nostre opinioni alla lettura dei giornali che distribuiamo a lezione, grazie al progetto “Il giornale in Ateneo”. La discussione è libera (tuttavia i messaggi sono moderati dal sottoscritto, per evitare che delle discussioni "politicamente scorrette" che occasionalmente si accendono in classe rimanga traccia sul Web), ma sarebbe bene tentare di legare l’attualità agli argomenti che stiamo toccando a lezione. Ma queste cose ve le ho già dette a lezione.

Bene, direi allora d’iniziare con un tema “caldo” per la politica italiana: election day sì, election day no. Da una parte (PD, Fini altri ancora) si sottolinea che evitare di accorpare il referendum alle elezioni europee significherebbe “sprecare” circa 400 milioni di euro e di questa spesa, ora che c’è l’emergenza terremoto, proprio non si sente il bisogno. Dall’altra parte (la Lega essenzialmente) si dice, invece, che piuttosto che votare lo stesso giorno per amministrative, europee e referendum si mette in discussione la stessa tenuta del Governo. Avete capito il perché di questa posizione?

Il referendum, in effetti, tocca una questione delicatissima per la vita politica del nostro Paese. Se dovesse passare, (e finora il modo migliore per rendere inefficaci i referendum è stato non andare a votare, per non far raggiungere il quorum ed è chiaro che se questo fosse accorpato ad altre elezioni, una volta che uno si è recato al seggio, prende tutte le schede e le vota, facendo raggiungere sicuramente il quorum), tra le altre cose, ci ritroveremmo con una importane novità sul piano elettorale: il premio di maggioranza sarebbe attribuito alle liste e non, come ora, alle coalizioni. Ciò spingerebbe i partiti ad aggregarsi tra loro, con esiti non del tutto prevedibili.
Insomma, un vero e proprio terremoto (politico). Forse, allora, i 400 milioni di sprechi sono in realtà un pretesto, un argomento retorico, per giustificare gli interessi (legittimi, per carità!) che i vari partiti hanno su un tema politico che va molto al di là della buona amministrazione delle risorse dello Stato.
Voi che ne pensate? Cosa vi viene in mente rispetto ai temi toccati a lezione?

5 commenti:

Anonimo ha detto...

rima di dire la mia, vorrei inanzitutto specificare da quali partiti era composto il comitato promotore del referendum!
Mi pare che il comitato promotore per i referendum era formato da una base piuttosto ampia formata da esponenti del pd e di alleanza nazionale, quasi come ritornare al periodo del consociativismo storico; Il referendum prevede di dare il premio di maggioranza non più alla coalizione ma alla lista, impedendo l'accorpamento di più liste come è avvenuto alle ultime elezioni (pdl+lega e pd+idv).
Se passa favorirà i grossi partiti pd e pdl a scapito di lega udc idv e sx e dx extraparlamentari che perderanno seggi o dovranno rinunciare al simbolo.
Il secondo punto è dato dallo sbarramento e il terzo dalle candidature multiple. Dobbiamo dire quindi che il referendum non tratta solo del premio alla lista.
Il quarto punto sul quale si dibatte, è dato dai costi, che guarda caso non sono oggetto di quesiti referendari!
Sui costi, fermo restando l'osservatorio non autorevole del dibattente, al fine di "avvalorare" la tesi del prof. Mete,in relazione al "pretesto" usato legittimamente dai leader dei partiti e che si potrebbe facilmente trasformare in "una profezia che si autoadempie", quasi sulla scorta "di una gravidanza isterica", potrei proporre quanto scritto sul sito di "http://www.ilpopolodellaliberta.it/notizie/arc_15497.htm" in cui si sostiene che
Davide Baldi e Giovanni Soggia sono due giovanottoni, di belle speranze e tanta fantasia, poco più che neo-laureati: il primo a Genova (tesi su “regolamentazione del servizio idrico in Italia”), il secondo alla Bocconi. È questa la coppia che sul sito della sinistra economica al caviale de La voce.info si è letteralmente inventata la “bufala” dello “spreco” di denaro per il referendum. Conti e numeri calcolati a capocchia per costruire la “leggenda metropolitana” della tassa Bossi di 400 milioni, mettendoci dentro perfino i costi della baby sitter delle coppie che dovranno andar via da casa per recarsi al seggio.
La “balla spaziale” diventata il mantra di Franceschini, Di Pietro e soci è stata partorita il 24 febbraio sul web, ripetuta, cavalcata, passata di bocca in bocca fino a diventare la Verità. Ecco il paradossale “conto della spesa” referendaria secondo i due giovani…“economisti”, che hanno fatto un po’ come quella colf furbetta che presenta ai padroni scontrini del supermercato riciclati. Partiamo dai presunti 400 milioni.
Più di un quarto, 127 milioni, sarebbero i costi “indiretti” sopportati dai cittadini secondo questo surreale calcolo: il tempo medio per andare a votare è di 30 minuti; quella mezz’ora vale 3,15 euro (la metà del salario orario “di riserva”); moltiplichiamolo per il numero degli elettori e si arriva ai 127 milioni di euro.
I due “scienziati” ci spiegano poi che: le famiglie con figli sono 3 milioni, di queste il 33% non ha nonni a casa, dunque dovrà far ricorso alla baby sitter per andare a votare, costo della prestazione di 4 ore (ma non bastano 30 minuti per arrivare al seggio?) pari a 35 euro. Totale: 37 milioni di euro in carico alla “tassa Bossi”. E i presidenti di seggio e gli scrutatori? Altro percorso contabile spericolato: valore della giornata lavorativa persa 102 euro, totale altri 37 milioni. A questo punto ne restano 200 da giustificare. Tutti costi diretti, dicono loro: presidenti e scrutatori (ma non li abbiamo già calcolati?), forze di polizia, ministeriali, trasporto schede etc.. Per arrivare a 165 milioni.
Un calcolo che però non prevedeva l’accorpamento con i ballottaggi. Accorpamento che finisce, occhio e croce, per più che dimezzare i cosiddetti costi diretti. Conclusione: se calcoliamo i benefici dell’accorpamento, se togliamo le baby sitter, il consumo delle suole delle scarpe degli elettori e tutto l’ambarabam inventato dai solerti “economisti” della Voce.info si arriva sì e no a un’ottantina di milioni. Sempre che non si voglia calcolare il danno biologico per i bambini lasciati soli…Ma a questo penserà il Pm di Italia dei Valori.
Questo per dire solamente quanto siamo predisposti a subire passivamente l’opinione dominante.

Alla fine però, vorrei aggiungere quanto tratto dalla prefazione di un famoso romanzo letto ormai diversi anni addietro; In italia è tutto come questo libro, la realtà si è nutrita del romanzo ed il romanzo si è fatto realtà. Con i rialzi sotto i tacchi che Silvio Berlusconi nega di portare, e la calvizia che finge di non avere, sono come il naso di moscarda << Mi pende? A me? Il naso? >>.E se moscarda (non) è banchiere e al tempo stesso (non) è usuraio, così Berlusconi (non) è statista e al tempo stesso (non) è truffatore.

E sulla dimensione della partecipazione politica, della sua centralità sociale o della sua sub cultura, non tiriamo in ballo Aristotele quando in alcune sue opere forniva una definizione di cittadinanza fortemente esclusiva, o kant, quando sostiene che quell’opinione non ha valore in quanto li ritiene facilmente suggestionabili e li esclude dalla cittadinanza per il concetto dell’indipendenza e non diciamo nemmeno che ormai essi sono superati dai tempi moderni quando vediamo invece che illustri filosofi del nostro tempo hanno rivalutato le loro tesi.

Pa. Ra.

Maria Antonietta ha detto...

Bhe, non è proprio facilissimo dire Si o No velocemente, nel senso che : 400 milioni € oggi in Italia (così come in molti altri paesi) sono importanti.
L'accorpamento di elezioni e referendum in effetti non è da sottovalutare perchè si andrebbero a comprimere tutta una serie di costi che sarebbero poi ripetuti come : spese per manifesti, propagande, scrutinatori, presidenti...
le cose che in realtà mi chiedo sono:
1. Ma accorpare più cose in uno stesso momento,non daranno adito ad una confusione sia all'interno dei seggi, che per l'elettore stesso?
2.Analizzando il referendum invece, la possibile vincita del "SI",non determinerebbe la scomparsa di quelli che ora sono i partiti minoritari facendo si che si arrivi ad un bipartitismo assoluto?

Rimanendo sempre in ambito referendario, penso che questo accorpamento con le altre elezioni è un buon escamotage per portare più persone alle urne, visto che per i referendum si hanno un pò di problemi per il raggiungimento del quorum.
Però, se ad esempio un elettore non volesse votare per il referendum e si rifiutasse di prendere le schede e ciò venisse annotato sui registri, il Sig. Tizio risulterebbe votante per quello che lui desidera e non votante per il resto.
In realtà ciò,non equivarrebbe al non presentarsi alle urne e quindi ad un ipotetico non raggiungimento del quorum?
Maria Antonietta

Francesca ha detto...

...se non sbaglio il referendum è già stato rinviato l’anno scorso a causa della caduta del governo Prodi.
Mi viene da pensare che dopo la catastrofe accaduta in Abruzzo non dovrebbe neanche minimamente sfiorare l'idea di sprecare 400 milioni di euro e questo rimorso di coscienza dovrebbe essere insito in soggetti che sono gli artefici del nostro destino a meno che ci siano più risorse economiche di qunto possiamo lontanamente immaginare ed allora questa è tutta una falsa manovra.
E poi: il fatto che il Presidente del Consiglio abbia proposto come data il 21 giugno in corrispondenza del turno dei ballottaggi per l’elezione delle rappresentanze politiche locali non è sinonimo di "voglia di partecipazione elettorale?"...
E si, perchè è chiaro che l'affluenza alle urne nel giorno del ballottaggio sarà più corposa rispetto al primo turno...
Ma vero è, che quello che è accaduto potrebbe essere un pretesto per farlo slittare ancora di un altro anno (vedi Lega & C.)
Queste sono solo mere considerazioni; personalmente non sono dell'opinione che rimandare risolve i problemi ma anzi li complica.
Pertanto se referendum dev'essere che referendum sia. Magari con un'adeguata campagna informativa di modo che, noi poveri "ignoranti", potremo avere contezza di quello che andremo a scrivere...
Speriamo bene!!!

Pa. Ra. ha detto...

Bruxelles, 13 apr. fonte(Apcom) - Le elezioni europee del 6-7 giugno rischiano di essere travolte dal ciclone astensionismo: secondo un sondaggio Eurobarometro anticipato oggi dal quotidiano francese Libération, i non votanti arriveranno al 66% a livello europeo e addirittura al 70% in Italia. Si tratterebbe di un record negativo dal 1979, quando il Parlamento europeo fu eletto a suffragio universale per la prima volta. Nel 2004 l'astensionismo toccò il 54,3% nell'Ue e il 28,3% in Italia. L'elettorato più disaffezionato nei confronti dell'eurocamera è quello polacco: solo il 17% degli intervistati dichiara che andrà a votare. Seguono gli austriaci (21%), i britannici (22%), i portoghesi (24%), gli slovacchi (25%), i cechi (26%), gli ungheresi e gli spagnoli (entrambi al 27%), l'Italia (30%) e la Bulgaria (31%). Le percentuali più alte di aspiranti votanti si trovano in Belgio (70%) e in Lussemburgo (62%), dove recarsi alle urne è obbligatorio. A seguire Malta e Danimarca (entrambi al 56%), la Svezia (49%), Cipro e Grecia (48%), Francia e Olanda (47%) e la Germania (43%). Il disinteresse degli elettori, scrive il corrispondente da Bruxelles di Libération, Jean Quatremer, è legato "soprattutto all'ignoranza del ruolo degli eurodeputati", a cui contribuisce la scarsa copertura mediatica dell'istituzione; la convizione che il proprio voto "non cambierà nulla", condivisa dal 62% del campione; ma anche l'euroscetticismo, che contagia il 20% degli intervistati, con punte del 35% in Austria e del 28% in Grecia e Svezia. I temi di campagna elettorale più rilevanti rispecchiano il momento di crisi economica: il 57% vuol sentir parlare di disoccupazione (+10 punti rispetto all'ultimo Eurobarometro), il 52% di crescita, mentre l'inflazione arriva solo al terzo posto, con il 40%. Liberation sottolinea anche il calo della fiducia nelle istituzioni europee, dal 51% al 45% per l'Europarlamento, dal 47% al 42% per la Commissione europea e dal 48% al 39% per la Banca centrale europea (Bce). Tuttavia, resta da sottolineare che l'Eurobarometro è stato condotto tra gennaio e febbraio, ovvero molto prima che la campagna elettorale entri nel vivo nei Ventisette. E' lecito pensare, quindi, che a giugno l'astensionismo sarà meno evidente di quanto prevede questo sondaggio. Alv 131358 apr 09

Michele ha detto...

Penso che, forse, l'unica cosa positiva di questo "election day" (ormai siamo americani), è il fatto che il referendum potrebbe raggiungere il quorum e l'elettore sarebbe posto di fronte ad una presa di coscienza sul significato politico e sociale del proprio voto, evitando la classica scorciatoia cognitiva, tanto cara a noi italiani, dell'astensionismo su indicazione partitica. Sono consapevole che gli elettori voteranno, in larga parte, seguendo le indicazioni dei partiti a cui fanno riferimento, facendo sempre uso di questa benedetta scorciatoia informativa ma, forse, di natura un pò diversa.
Mi astengo dal commentare la barzelletta dei 400 milioni. Non ci crede nemmeno mia figlia che ha 10 anni.
Spero che ognuno prenda coscienza, magari seguendo qualche corso di sociologia dei fenomeni politici, in modo da votare consapevolmente, evitando le indicazioni non solo dei partiti, ma anche dei vari opinion leader improvvisati, è voti, assumendosi la responsabilità, che questo semplice e meccanico gesto potrebbe determinare gli assetti politici futuri. Volevo dire a Pa. Ra. di mettere la firma per esteso poichè, visto i toni accesi, abbiamo capito di chi si tratta e personalmente condivido gran parte di ciò che dice. Sul resto lo commenteremo, ad otto occhi, in separata sede...!
Un saluto, Michele.