domenica 26 aprile 2009

Chi decide le candidature?

A giugno, oltre al referendum, si terranno anche le elezioni europee e, in tantissimi comuni e province, anche le elezioni amministrative. In questi mesi, il mondo politico è pertanto in fibrillazione, soprattutto per la definizione delle alleanze e delle candidature. Già, ma chi decide la lista delle candidature?

In classe abbiamo appena affrontato il tema del reclutamento politico e ne abbiamo messo a fuoco meccanismi e caratteristiche. Un po’ di tempo fa, parlando dei partiti politici, abbiamo detto che essi non sono in crisi, ma sono in crisi alcune funzioni che un tempo svolgevano. Tra queste, la funzione di reclutamento politico in crisi non lo è di certo.

In un articolo apparso ieri sul Sole 24 ore, Pieri Ignazi (professore di Scienza politica a Bologna, studioso di partiti politici) svolge un’interessante riflessione sull’attualissimo tema delle candidature, legandolo alla trasformazione dei partiti. Vi invito pertanto a leggerlo (nel caso non l’aveste già fatto) e, magari, postare qui le vostre riflessioni.

Ps: il fatto che ci sia un nuovo post non significa che la discussione sull'election day si possa considerare archiviata. Se volete esprimere qualche opinione anche sull'altro tema siete liberissimi di farlo.

3 commenti:

Pa. Ra. ha detto...

La prima cosiderazione che mi verrebbe da fare in merito agli input lanciati sul blog è la seguente:
Come mai pochi studenti partecipano a questa discussione ma, preferisco saltare questo argomento che potrebbe rivelare tanti aspetti e tante connessioni "conturbanti" con gli argomenti fin'ora trattati a lezione ed a mio avviso, addirittura sullo specifico argomento ora oggetto di discussione.
La risposta a questo quesito non "proprio enigmatico" me la sono già data ed è per me oggetto di un considerevole turbamento.
Andando oltre ma restando sul tema, tenterò di dare una "mia interpretazione" anche se solo sulla scorta di una lettura non sufficientemente approfondita dell'argomento.
Quanto detto dal prof. Ignazi sulla concentrazione delle candidature nelle mani di poche persone o dei leader rispetto a partiti chiusi e verticistici o aperti e inclusivi ci porta inevitabilmente a riflettere sulla realtà, purtroppo già nota a tutti.
Notiamo naturalmente la differenza delle modalità del reclutamento politico nelle tendenze delle democrazie occidentali con quelle in atto in Italia, plaudiamo alla realtà svedese e lodiamo quanto messo in atto di alcuni partiti in Belgio, notiamo quanto asserisce il prof. sulla nullità del ruolo degli iscritti, ravvisiamo la differenza fatta notare della pericolosità delle primarie in Italia in un contesto molto diverso da quello europeo e facciamo un lungo applauso di massa al lancio del dibattito cui probabilmente NESSUNO COGLIERA'.
Se è vero che il modello della raccolta del consenso ci da un indice di una corretta democrazia futura, se è vero che il sud dell'Italia vive di politica in seguito alla "teoria dei benefici diffusi" citati da Costabile, se è vero che il sud attraverso i suoi rappresentanti incide in maniera sostanziale sui processi decisionali, se è vera la sua teoria del "datore di lavoro" e la esportiamo anche in campo politico e se è vero che in italia esiste la mafia, la ndrangheta, la camorra, la sacra corona unita, la santa, le lobby ecc. ecc. si dovrebbe pensare a come debellare queste criticità e nel frattempo, purtroppo, constatando in modo cinico, e senza scandalizzarsi, pensare su come farle "convivere" in attesa di una riorganizzazione del sistema politico e delle élite politiche oggi corrotte come il sistema in tutte le sue articolazioni.
Se pensassimo che il primo ed iniziale deterrente che ha spinto i partiti politici ad adottare il sistema delle liste bloccate fu il fenomeno della raccolta del consenso dopo anni e anni di clientelismo, non si rivaluterebbe la tesi del voto di preferenza che alimente tra l'altro la raccolta del voto mafioso al sud.
I politici sono l'espressione del popolo che rappresentano, ed il popolo, rappresentato da questi politici, non reagisce, non insorge ma neanche discute. Sarà lecito chiedersi quindi se per caso, nonostante i nostri discorsi critici al Bar dello sport, non è per caso questa la classe politica che noi tutti vogliamo?
La funzione del reclutamento politico in crisi non lo è di certo, non lo è allorquando vi è una trasformazione in atto di questa funzione, richiesta a mio avviso dalla nostra collettività.
Le motivazioni sono varie e risiedono nel nostro processo di formazione culturale, un ruolo importante e poco nobile, lo riveste sicuramente l'università Italiana che forma le classi dirigenti o intellettuali del futuro.Anche WEBER si sofferma ad analizzare il mondo universitario e dice: " i professori universitari in Europa si muovono secondo certe dinamiche, vengono reclutati in un certo modo,ecc. oltre ai suoi concetti sulla democrazia e sull'università di massa.
Se andassimo a vedere come funziona il reclutamento nelle università, ci si renderebbe subito conto di come questa proprietà possa essere traslata immediatamente in campo politico per la felicità di tutte le élite.
Riporto quanto letto in un intervista ad un professore che ha denunciato una frode e dopo gli scandali che si perpetrano continuamente nelle università italiane: "bisogna spezzare i legami occulti tra centro del potere politico e roccaforti accademiche". L'intervista continua ma sembra inutile aggiungere altro. Ciò vale per la sanità, come quanto vale per la piccola azienda sotto casa mia che ha aperto i battenti dietro i "bonus" della L. 488/92.
La permeabilità dei canali di reclutamento politico è molto ben conosciuta dalle Lobbies se le volessimo definire con il loro vero nome, o forse (impropriamente) Cartel party se volessimo utilizzare un nome accademico. Nelle lobbies stanno tutte le verità, loro sanno il perchè di alcune decisioni che vengono assunte ed altre no, comprese quelle del mancato contrasto alle croniche criticità criminali del sud ora anche nel nord.
Le lobbies non sono altro che l'universo dei gruppi di interesse e dei gruppi di pressione che esistono nelle istituzioni per soluzioni strategiche adottate. Il processo di reclutamento politico verticistico improntato sulla tecnica della piena discrezionalità agevola il compito delle lobbies. Tutto questo evidentemente non fa scandalo, così come non lo fa in America, dove questo è agevolmente regolamentato. Il Lobbying, come sistema di trasmissione di messaggi dei gruppi di pressione ai partiti politici è addirittura legalizzato.
Il reclutamento politico come avviene in Svezia, in Belgio o in Inghilterra, in Italia porterebbe inevitabilmente ad un incontrollabile designazione dei dirigenti di partiti.
E' lecito allora chiedersi perchè in america o nelle democrazie occidentali più evolute non avviene tutto ciò pur in presenza delle lobby più o meno sviluppate.
Attribuisco ciò sicuramente al fattore culturale, al fattore legislativo ma ancora di più in italia, secondo me conta il fattore x, ovvero il lobbying italiano, il fattore che lega quei rapporti tra gruppi d'interesse, gruppi di pressione politica ed istituzioni anche internazionali.
Ovviamente quest'intervento si presta a mille altre considerazioni che neanche tento di approcciare, vista la lungaggine del , mio intervento e la complessità dell'argomento.
Lascio ai colleghi il compito di poter dare qualche risposta più soddisfacente sulla base di quanto sollecitato dal professore. Il mio non è un giudizio di valore ma è soltanto un contributo, una parte della mia visione sul fenomeno, un piccolo contributo mal assimilato ma con un discreto impegno.

Michele ha detto...

Ho trovato l'articolo di Piero Ignazi molto interessante, anche perchè tocca parecchi punti che abbiamo gia affrontato a lezione. In merito a ciò, volevo segnalare l'articolo su Veronica Lario del Corriere della Sera di oggi, a pag. 15. Si affronta il tema delle candidature delle "veline". La Lario parla di "sfrontatezza e mancanza di ritegno del potere" che offenderebbe tutte le donne. In merito, ci sarebbero tante considerazioni da fare. Se parliamo del rapporto fra iscritti ed élite di partito, il processo decisionale è top-down, anche se questo tipo di approccio si addice più ai partiti pigliatutti che ai partiti di cartello, dove vi è più un'autonomia reciproca. In virtù di ciò, ormai in politica gli ingressi laterali sono all'ordine del giorno e certe scelte non ci dovrebbero più scandalizzare. Chi fa politica vuole vincere e tutto è consentito. Se avere un bel corpo e non so quanto cervello, porta dei voti, allora il fine è raggiunto e la signora Lario dovrà farsene una ragione. Certo, se veramente venissero candidate le veline, il concetto di agglutinazione delle élites verrebbe messo a dura prova: avremmo dei personaggi che raggiungerebbero ruoli politici molto influenti e di prestigio, senza possedere le caratteristiche più importanti per ricoprire cariche così importanti.
Un saluto, Michele.

Anonimo ha detto...

Che dire!?è ovvio:c'è in corso un processo per cui la politica lentamente perde il suo valore in quanto "cosa di tutti" per diventare "cosa di uno".Viene fuori il carattere autoreferenziale di questa politica.Katz e mair lo avevano capito anni e anni fa!
Salute Colleghi
;)matteo