mercoledì 19 marzo 2008

To vote or not to vote...

La data delle elezioni si avvicina e la legge elettorale che non consente di esprimere un voto di preferenza scontenta molti elettori. La tentazione di non recarsi alle urne, di annullare o lasciare bianca la scheda sembra dunque conquistare settori sempre più ampi dell’elettorato. A soffiare sul fuoco dell’astensionismo contribuisce anche il fenomeno dei candidati “paracadutati” (cioè quei candidati che non hanno alcun legame col territorio ma che vengono inseriti ugualmente in cima alle liste per garantire loro l’elezione) e di quelli “ballerini”, che passano cioè allegramente da uno partito all’altro. Più in generale, induce seriamente ad imboccare la strada dell’astensione il clima imperante di antipolitica che si è di recente acuito con la pubblicazione del libro “La casta” e con il grande successo del V-Day di Beppe Grillo. Su Internet si trovano allora numerosi appelli che promuovo il non-voto ed il boicottaggio delle elezioni. Come notava oggi Michele a lezione, sul web girano anche alcune leggende metropolitane circa la possibilità di far mettere a verbale dal presidente di seggio i motivi della propria astensione. Anche la stampa nazionale (Corriere; L'Espresso) si occupano ampiamente di astensionismo, con analisi più o meno accurate e ospitando lettere di elettori che spiegano il perché della loro scelta di astenersi. Tutto insomma lascia presagire che la partecipazione elettorale alle imminenti consultazioni politiche diminuirà. Ciò sarebbe peraltro in linea con le tendenze di lungo periodo della quasi totalità delle democrazie occidentali che vedono progressivamente assottigliarsi, elezione dopo elezione, la percentuale di votanti. Gli Stati Uniti, paese quasi per definizione all’avanguardia, guida anche la classifica dei sistemi politici in cui si vota di meno.
Ma se l’atto del voto assume un valore ed un significato abbastanza chiaro (il sostegno ad un candidato/partito/coalizione per motivi ideali e/o materiali) quali sono le motivazioni che sottostanno al non voto? In fondo, il diritto di voto è una risorsa a disposizione di ogni elettore e non esercitarlo equivale a sprecarla tale risorsa. Come vedremo presto a lezione, la percentuale di astenuti è il frutto della convergenza di tantissimi fattori di natura diversa. Ma cosa spiega, più di ogni altra cosa, a vostro giudizio, l’incremento quasi ineluttabile del livello d’astensionismo? E perché, sebbene le possibilità che il proprio voto risulti decisivo per la vittoria di uno schieramento o per l’elezione di un candidato siano pressoché prossime allo zero, la gente continua imperterrita a votare?

10 commenti:

alessia ha detto...

A parer mio emergono almeno due componenti distinte dell’astensionismo.
Una, connotata in termini di marginalità sociale e caratterizzata da uno zoccolo duro di elettori che rinunciano ad andare a votare per più di un’elezione, non si sono mai recati alle urne.
Un’altra, composta da elettori non definitivamente allontanati(si) dalla politica, che mostrano fedeltà al voto solo negli appuntamenti più importanti.
La decisione di non votare può rappresentare, in generale, una forma di protesta, di insoddisfazione verso le proposte formulate dai partiti e quindi coinvolgere cittadini politicamente consapevoli, integrati e collocati al centro della società.
La mancata partecipazione elettorale può derivare anche da una condizione di apatia, di marginalità sociale e di disconnessione dalla politica, disinteresse o incuria e allora si preferisce parlare in questo caso di assenteismo.

Valentina Toto ha detto...

Se si potesse parlare di partito degli astensionisti certo si arriverebbe in molti casi a concepire un partito che da solo potrebbe coprire la maggioranza...
ma perchè, se è vero che i popoli si battono per avere il diritto di voto,una volta che lo hanno riconosciuto non lo esercitano?
probabilmente la causa stessa è da ricercare proprio nel clima sociale in cui si sta vivendo, clima di incertezza anche sull'attimo, di begli ideali destinati solo alle alte sfere...sicuramente le parole vuote di chi dice di lottare per avere un futuro migliore sono già state ripetute 1000 volte,
forse le idee esistono ma è nell'applicazione che si sbaglia generando quel malcontento che innesca nella psiche del soggetto elettore la molla del ribattere con le armi che si hanno in mano...
non vado a votare perchè so che non manterrà le promesse;
non vado a votare perchè il politico si dimenticherà di me;
la sinistra ha fallito, io sono di sinistra quindi non vado a votare....quante di queste affermazioni si sentono quotidianamente...
il problema che si presenta è quindi l'apatia, il malcontento, la sfiducia nella politica stessa che fa chiudere i potenziali elettori in una difesa attacco o in un attacco difesa (danneggio difendendomi quindi non votando) caratterizzato dalla forse errata coscienza che il futuro che tutti promettono altro non è che il frutto di sogni e fantasie idealiste.

Anonimo ha detto...

Astensionismo? E' una cosa inconcepibile!!! La politica riguarda ogni cittadino dello stato italiano, per cui, a mio parere, ognuno dovrebbe essere tenuto ad informarsi sulla questione, soprattutto in vista delle elezioni, e prendere una posizione. Secondo me rifiutare di votare denota, oltre una forte apatia, disinteresse per tutto ciò che accade intorno e un sentimento di non appartenenza allo stato in cui si vive... e poi, tutti si lamentano della situazione attuale italiana, quindi se non attraverso il voto,come si può pensare di contribuire al cambiamento?

Chiara B. ha detto...

Penso che la tendenza crescente di una propensione diffusa all'astensionismo politico non possa essere letta se non in concomitanza e alla luce dei profondi mutamenti nel sistema dei valori e dei principi morali personali di quest'ultimo secolo....La ricerca del tutto e subito, non dovere lottare per i propri diritti civici e politici (tanto ormai abbiamo tutto acquisito), il fare solo quelle cose che ci va di fare perchè ci divertono e basta, l'interesse più per i pettegolezzi che per la politica e le tematiche di attualità, un modo di fare diffuso nella quotidianità di ognuno e "rimbombato" dai mass media, che tendono a spettacolarizzare tutto e a mettere anche le questioni politiche alla berlina. Non c'è più fiducia in quelle grandi ideologie che prima "catturavano" la gente col proprio fascino, adesso sembra che neanche i politici ci credano più di tanto e, se non ci credono loro, come pretendere che ci credano i cittadini?! Fortunatamente non tutte le persone sono così, non tutte la pensano allo stesso modo, c'è ancora chi crede che qualcosa nel proprio piccolo ciascuno di noi realmente può fare, che sa bene che non si può restare con le mani in mano imbambolati a guardare, invece di esercitare un diritto e un dovere per il quale in passato tanto si è combattuto e lottato... Se oggi questo diritto venisse loro improvvisamente negato, penso che ci penserebbero tre volte prima di dire: "oggi resto a casa, tanto nessuno mi obbliga..."

Valentina Toto ha detto...

pienamemnte daccordo con te Chiara...in effetti l'inversione di tendenza e la sempre maggior crescita della sfiducia portano le persone a chiudersi a riccio ma allo stesso per senso di contrapposizione spingerebbe gli stessi ad aprirsi all'attacco nel momento in cui ciò che è ritenuto un dato viene portato via...
nel nostro caso tutto viene dettato dalle statistiche,ma, la statistica stessa è una scienza estrememente complessa, da lasciare agli statistici. chi la usa astutamente può dare l'impressione che il bianco sia nero e viceversae anche da qui via a far accrescere altra sfiducia ma allo stesso tempo via a manipolare con grandi numeri e bei grafici strutturati ad hoc...
qui un punto: se ogni politico è inganno,come ormai si viene a sospettare ascoltando l'illustrazione delle idee, allora è inganno anche l'idea stessa... ma se tutto è falso allora allora non tutto lo è.
conviene dunque arrivare a coscienza e confidare che pur muovendoci in un contesto falso,instabilee ambiguo vale la pena viverlo,ciò che andrebbe ripensato potrebbe essere la politica stessa...

Vittorio ha detto...

Nei post che avete lasciato, anche prima della lezione di oggi sulla partecipazione elettorale, ci sono molti dei concetti che abbiamo affrontato in aula: la marginalità sociale e politica degli astensionisti, i diversi tipi di astensionisti (cronici ed intermittenti); l'importanza delle elezioni (quelle di secondo ordine, ricordate?) come variabile esplicativa della partecipazione elettorale; il non voto per protesta e quello per apatia. E molte altre cose ancora. Spero che le cose dette oggi vi abbiano aiutato ad approfondire e sistematizzare le conoscenze che già avevate. Martedì prossimo finiremo il discorso sull’astensionismo, a quel punto sull’argomento sarete diventati dei veri esperti che dispenseranno saggi consigli ai vostri sprovveduti amici e parenti, trattandoli con un po’ di sufficienza . Nel leggere i quotidiani e/o nell’ascoltare i TG provate a pensare a come viene trattato l’argomento astensione, quanti (e quali) aspetti che abbiamo presentato oggi vengono menzionati. Vi farete così un’idea più precisa e consapevole dei discorsi pubblici sul tema dell’astensione.

PS: diamo il benvenuto a Chiara che è una studentessa della Facoltà di Scienze Politiche di Firenze. Se ne abbiamo voglia, anche grazie ai suoi contributi, potremmo discutere delle differenze territoriali dell’astensionismo (e poi via via degli altri aspetti che toccheremo nelle prossime ore di lezione). Del resto, la Calabria non è la Toscana, non solo politicamente…

Valentina Toto ha detto...

sacrosante parole, in effetti allargare l'ottica ad un raggio più ampio è una opportunità sia per noi che per la Collega Chiara dalla quale ritengo si possa imparare molto comunicando efficacemente...
comunicazione,mezzo per ottenere i risultati previsti;
COMUNICARE è ricercare uno spazio comune dove incontrare l’altro e fare un accordo
FILOSOFIA del SEMINAR: VINCERE – VINCERE cioè conquistare degli obiettivi che siano di vantaggio per entrambe le parti.
Il cervello è plastico,è fatto per espandere la propria potenza
R.L.Montalcini asseriva che si può imparare fino all’ultimo attimo di vita!
perchè sprecare l'occasione?susu diamoci da fare

Chiara B. ha detto...

Felicissima di essere entrata a far parte del vostro gruppo di discussione!! :-)
Penso che questa idea del Prof. Vittorio Mete di fare questo blog sia stata davvero molto bella, perchè ci offre così l'opportunità di parlare di questioni importanti e di attualità in un tono informale e colloquiale, facendo sentire ciascuno a proprio agio e libero di esprimere via via il proprio pensiero e le proprie riflessioni....
Ne approfitto anche per fare gli auguri di una buona e serena Pasqua a tutti voi!! A presto!

Anonimo ha detto...

Il fenomeno dell’astensionismo dipende anche dalla volontà che ognuno ha nell’interessarsi attivamente di politica. Certo prenderne parte in modo positivo fa verificare una partecipazione alla politica visibile o invisibile (o politicizzazione) del soggetto dove attraverso i suoi comportamenti, atteggiamenti, si evidenzia una certa motivazione per la politica discutendone e informandosi sulle vicende politiche italiane. Però è anche vero che questa motivazione può venire meno e quindi, anche interessandosi di politica, si può anche partecipare nel modo invisibile (latente) assumendo atteggiamenti che evidenziano alcuni elementi come la sfiducia, il non voto, manifestando di conseguenza la propria delusione. Per fare qualche esempio, gli iscritti di un partito che manifestano il proprio dissenso contro le decisioni dei vertici, perché vedono disattese le richieste di cambiamento e rinnovamento più volte avanzate dalla base. Dissenso che porta alla mobilitazione, alla protesta da parte degli iscritti che si riservano la possibilità di un’astensione, reale, per scelta e da protesta, al voto non partecipando fattivamente alle elezioni.
La non partecipazione elettorale, il rifiutarsi di andare a votare, manifestando quella forma di astensionismo, che scaturisce, oltre che per protesta, anche, per apatia verso una politica a cui l’elettore non crede più o perché, secondo la propria concezione, non ci sono le condizioni per poter dire che la politica esiste, fà si che l’opinione che l’elettore ha è quella di considerare i politici tutti gli stessi, infatti danno sempre la stessa risposta che è tratta da un noto proverbio “cambia il direttore d’orchestra ma la musica è sempre la stessa”.
A mio avviso, tra le persone che si lamentano dell’operato del Governo di turno, ci sono proprio quelle che preferiscono astenersi anziché andare a votare, non pensando di aver avuto, attraverso il voto, l’unica opportunità di contribuire al cambiamento delle sorti del Paese.
Sono d’accordo anche io nell’allargare l’ottica ad un raggio più ampio in quanto così facendo si possono acquisire, attraverso i propri contributi, le proprie riflessioni, a delle informazioni, rilevazioni, verità ecc.., dovute anche alle differenze territoriali, che vengono ad essere modificati a secondo dell’argomento trattato. Pertanto, dopo aver dato il benvenuto alla Collega Chiara, approfitto a fare gli auguri a tutti voi di una Buona Pasqua fatta.

Anonimo ha detto...

Nei commenti fin qui letti le motivazioni a sostegno dell’ astensionismo sono molte e tutte con una valenza propria, dalla sfiducia alla protesta passando per l’apatia, ecc. Ma c’è un aspetto molto importante che secondo me va analizzato. Il cittadino sempre di più non va a votare perché si sente delegittimato. Mi spiego: “ la sovranità appartiene al popolo”, in questo consiste il fondamento democratico dello Stato, e l’esercizio del diritto di voto, con la conseguenza della rappresentanza, è la forma dell’esercizio della sovranità popolare. Mai, come oggi, questa affermazione è priva di valore, svuotata del suo contenuto: nulla arriva più dalla base, decisioni che nascono “blindate”, liste bloccate, candidature calate dall’alto e, soprattutto, frattura netta tra cittadini e politica, una politica che non è più dei cittadini ma è dello Stato. E’ cambiato il modo di fare politica, è vero; non ci sono più le grandi ideologie, quelle che permettevano un’immediata identificazione da parte dell’elettorato, l’esser visibili pur dietro un programma, un’idea, una scelta, per il tramite della partecipazione; e questo ci può anche stare…ma in questa evoluzione (o involuzione?) quel principio informatore che è la sovranità popolare, unico strumento di legittimazione del potere politico nelle democrazie, dov’è finito? Il cittadino, sovrano nella Costituzione, si ritrova a ricoprire un ruolo residuale…Se a questo aggiungiamo la confusione degli schieramenti, le risse da pollaio, la costante dell’incapacità di andare incontro ai problemi concreti, la spettacolarizzazione dietro la quale si nasconde la mancanza di programmi e quant’altro, il conto è presto fatto. La sovranità popolare continua ad essere elusa ogni qual volta l’elettore si trova di fronte a “fatti compiuti”, ad esser scavalcata da quella politica decisa nei palazzi e talmente lontana dai cittadini da diventare quasi inaccessibile, sia nella comprensione che nei meccanismi.
Nel decidere di non andare a votare, di fatto, si rinuncia a quella quota di sovranità che in teoria legittimamente dovrebbe appartenere ad ognuno di noi, ma che di fatto non ci appartiene più.
Luigia Colella